LA STUCCIATA
GLI STUCCI DI NATALE
SABATO 28 DICEMBRE 2024 - ORE 18,30
MONTERODUNI
Programma
Raduno in piazza G. Russo, accensione degli stucci e sfilata verso piazza Municipio.
Stand gastronomico con caciocavallo impiccato e panini farciti.
Musica live, zampogne e ciaramelle
La “stucciata” è una delle tradizioni natalizie più antiche di Monteroduni.
Lo
svolgimento attuale prevede una fiaccolata di adulti e bambini che
percorrono le strade del paese facendo roteare grossi pezzi di legno
fiammeggianti, i cosiddetti “stucci”, termine che deriva probabilmente dal tedesco medievale stùche, “corteccia”.
Le
origini dell’evento sono ignote ma è evidente la commistione tra
religiosità e antichi riti pagani che richiamano il culto del fuoco e le
sue potenti simbologie. Di particolare
significato anche il periodo in cui si svolge la manifestazione, pochi
giorni dopo il solstizio d’inverno, nella fase dell’oscurità che prevale
sulla luce.
Negli anni passati la “stucciata”
apparteneva ai rituali della vigilia di Natale, come ricordano i versi
di Domenico Ciocca, apprezzato poeta e commediografo dialettale.
La veggìlia, re vuagliùne,
'mpepìérne 'na iurnàta sana,
aspèttene la séra,
quande sona a làura la campàna,
p' appeccià ru sctùcce
e reschiarà la via,
quélla notte scura,
a Giusèppe e alla sposa sé, Maria.
Alla vigilia, i ragazzi,
in agitazione per una giornata intera,
aspettano la sera,
quando suona a làura la campana,
per accendere gli stucci
e rischiarare la via,
in quella notte scura,
a Giuseppe e la sua sposta, Maria.
Sempre in epoca passata, la tradizione voleva che gli “stucci”
venissero accesi davanti alle proprie case e fatti roteare, per
illuminare il percorso che portava sulla sommità del colle, alla chiesa
madre, dove si celebrava la messa di Natale. Poi con gli “stucci”
si andava tutti davanti alla chiesa. Appena dopo la mezzanotte il
sacerdote si affacciava a mostrare alla gente accalcata, in un tripudio
di fuoco, la statua del bambino appena nato.
Era
tutto un crepitare di fiamme che roteavano nel buio della sera, qualche
volta accompagnate da fiocchi di neve che rendevano lo scenario ancora
più fiabesco e colmo di significati simbolici: luce, purezza, protezione
contro gli spiriti del male e invocazioni alla natura, in un momento di
passaggio vitale tra le diverse fasi dei cicli delle stagioni.
L’importanza dell’evento è testimoniata dalla lavorazione, paziente e accurata, dei materiali. L’albero prescelto era il pioppo, duttile e leggero.
Veniva tagliato in giugno e lasciato a essiccare, preferibilmente vicino a fonti di calore.
La lunghezza del pezzo destinato a diventare “stuccio” era all’incirca quello di un braccio, con un diametro di 10-15 centimetri. La
superficie doveva essere priva di nodi perché la parte superiore, punto
di accensione, doveva essere spaccata in otto parti, come spicchi.
All’interno
degli spacchi veniva inserito un “tutolo”, ossia il torsolo delle
pannocchie di granoturco, per favorire l’essiccazione.
A
10-15 centimetri dal bordo inferiore si praticava un’incisione in cui
si andava ad alloggiare il fil di ferro, poi stretto con una tenaglia
per assicurare la necessaria compattezza.
Particolarmente
meticolosa era la creazione del manico, realizzato con un sapiente
lavoro di intaglio e di levigazione per renderlo liscio, maneggevole ed
equilibrato. Tutti questi passaggi, tramandati
da generazioni, sono fedelmente rispettati nella manifestazione attuale.
Un evento che mantiene negli anni tutta la sua forza suggestiva e
continua a rappresentare un unicum, nella sua specificità tutta locale,
con caratteristiche tutte proprie di Monteroduni.